• Curiosità dal Mondo del Bere

    IL TEQUILA, IL MEZCAL E LE DIFFERENZE…..

    Se tutti i tequila sono tecnicamente dei mezcal, non è vero il contrario. In origine tutto l’alcool prodotto a partire dal succo di agave era chiamato mezcal. E’ dal diciannovesimo secolo che la distinzione tra le due acqueviti si è operata, quando la rivoluzione industriale ha reso possibile la cottura dei cuori di agave (le pigne) nei forni a vapore. Un miglioramento tecnico rapidamente adottato dalla maggioranza dei produttori dello stato di Jalisco, che abbandoneranno ai produttori di mezcal di Oaxaca il metodo di cottura tradizionale ( forni scavati nella terra).

    IL MEZCAL, L’ANIMA DEL MESSICO

    il mercato del mezcal si basa ancora largamente sulla distillazione domestica. Prodotto all’interno delle fattorie, alcune delle quali si trovano a più di 2000 metri di altitudine (San Louis del Rio), la produzione di mezcal si colloca naturalmente nella continuità del lavoro agricolo e supera raramente i 400 litri al mese. Si stima a circa 500 il numero  dei produttori di mezcal che usano ancora metodi ancestrali. Dopo il 2005 ogni distilleria,  indipendentemente dalla propria dimensione, dispone di un NOM, un numero di identificazione posto sull’etichetta che permette di identificare l’origine del prodotto.

    AL CUORE DELL’AGAVE

    Sette stati del Messico sono autorizzati a produrre mezcal: Oaxaca, Guerrero,Guanajuato, San Luis Potosi, Zacatecas, Durango e Tamaulipas. I vincoli legati alla tipografia dei luoghi (montagne, suoli poveri) limitano la coltivazione dell’agave, che così non può essere intensiva tranne che nello stato di Jalisco. La coltivazione in terrazza è la più usata e, per le varietà più rare, la resa per ettaro non supera le 400 piante di agave. Se una sola varietà di agave, la Tequilana Weber Azul, è legalmente ammessa alla produzione del tequila, il mezcal può essere prodotto a partire da differenti speci coltivate negli stati; tuttavia domina  una varietà chiamata “espadin”.

    Agave Espadin

    Nello stato di Oaxaca il mezcal espadin rappresenta quasi il 90% delle piante coltivate, cosa che espone i coltivatori locali agli stessi rischi di quelli di Jalisco: la coltivazione di una sola varietà clonata senza tregua provoca l’indebolimento dei geni della pianta e favorisce la proliferazione delle malattie e degli insetti (bruchi).I coltivatori di agave corrono il rischio di perdere in qualche mese il lavoro di molti anni. Al fine di porvi rimedio, molti di loro favoriscono la diversità e selezionano altre varietà.

    DEFINIZIONE

    Acquavite messicana nata dalla fermentazione e dalla distillazione del succo delle agavi coltivate all’interno dei sette stati autorizzati dalla legge. Esistono numerose varietà di mezcal: espadin, tobalà, tobaziche, cenizo, papalometl. Si distinguono i mezcal 100% agave da quelli misti elaborati a partire da almeno l’80% di succo di agave. Queste due categorie devono obbligatoriamente essere imbottigliate in Messico per poter beneficiare della denominazione Mezcal.

    LA PRODUZIONE DEL MEZCAL

    1 – DALL’AGAVE AL SUCCO DI AGAVE

    Una volta sradicata dal suolo, l’agave è spogliata delle sue foglie per scoprire il cuore: la pigna. Una pigna di 70 chili produrrà circa 10 litri di alcool. Tagliate in due o in quattro, le pigne sono sistemate all’interno dei forni (o palenques) scavati sotto terra: di forma conica, che misurano più di 3 metri di diametro e 2,5 metri circa di profondità, questi forni sono piastrellati di pietre che si preriscaldano 24 ore prima di depositarvi le pigne. Ricoperti dei resti fibrosi di agave ancora umidi dalle cotture precedenti, le pigne sono interrate sotto un ammasso di foglie di palma, di agave e di terra, poi lasciate in cottura per 2 o 3 giorni. Una volta cotte, sono scoperte e messe a riposare all’aria aperta per una settimana.

    Si sviluppa allora una prima fermentazione spontanea. Le pigne sono in seguito macinate in un mulino di pietra azionato da un asino o da un cavallo. La polpa, il succo e le fibre sono mescolate ad acqua (circa il 10%) per produrre un liquido dolce.

    2 – FERMENTAZIONE E DISTILLAZIONE

    Il liquido di fermentazione così ottenuto è versato in una cuve di legno. Inizia allora una seconda fermentazione naturale che può durare da una a quattro settimane. Il mezcal viene poi distillato due volte, eccezionalmente tre. La distillazione si effettua generalmente in alambicchi di rame (introdotti dagli spagnoli) o in ceramica (introdotti dai cinesi). Il mosto vi è versato con una parte dei residui fibrosi dell’agave. Al termine della prima distillazione, l’alambicco è svuotato del suo contenuto prima che sia operata una seconda distillazione.

    3 – INVECCHIAMENTO

    Tradizionalmente il mezcal è messo a riposare in giare di ceramica. Ma sempre più le cuve in inox tendono a rimpiazzarle. L’introduzione dei fusti è relativamente recente (1950) e si tratta per la maggior parte di fusti ex-bourbon. I fusti ex-sherry sono utilizzati per cuvée speciali.

    I TIPI

    ESISTONO DUE TIPI DI MEZCAL: I 100% AGAVE E I MISTI.

    100% agave: principalmente originati da produzioni artigianali e prodotti in piccolissime quantità, i 100% agave sono elaborati a partire da una sola varietà di agave (“single agave”) o dalla mescolanza di numerose varietà (“blend of agave”). I mezcal 100% non possono contenere altri elementi aggiunti.

    Misti: mezcal elaborati a partire da un minimo dell’80% di succo di agave e del 20% di altri succhi, spesso estratti dalla canna da zucchero.

    LE CATEGORIE

    LEGATE ALL’INVECCHIAMENTO

    Abacado: più comunemente conosciuto sotto il nome di “blanco” o “joven”, questo mezcal è incolore e proviene direttamente dall’alambicco.

    Reposado & Madurato: mezcal invecchiato da 2 a 11 mesi in fusti di rovere o in grosse botti.

    Añejo: lasciato invecchiare almeno 12 mesi in fusti di rovere di 200 litri al massimo, questo mezcal tuttavia può attendere diversi anni prima di essere messo in bottiglia.

    ALTRE CATEGORIE

    Minero: questa categoria storica era stata creata per gli impiegati delle miniere d’oro e d’argento del periodo coloniale. Il mezcal Minero era allora più caro e considerato il migliore. La sua produzione non dipendendo da una varietà di agave particolare, era più spesso originata da una tripla distillazione. All’epoca soltanto un minatore poteva permettersi questo alcool.

    Pechuga: messo a macerare in una cuve con della frutta (mele e prugne), il mezcal subisce in seguito una terza distillazione. Punto particolare: un petto di pollo o di tacchino è sospeso sopra la cuve o all’interno dell’alambicco, per estrarre la dominante fruttata.

    Crema di Mezcal: recentemente autorizzata dalla legge, la Crema di Mezcal non è necessariamente prodotta a partire dal latte o dalla panna, come il suo nome potrebbe lasciar supporre. La sua particolarità? La sua composizione a base di frutta, di frutta secca e di spezie lo accomuna maggiormente ai liquori.

    Gusanito: o “piccolo bruco”. Nella produzione tradizionale del mezcal, questo insetto, che può devastare interi campi, è messo a macerare sul fondo di una bottiglia. Il bruco rosso divora il cuore della pigna , mentre il bruco bianco preferisce le sue foglie.

    Il mezcal sta al Messico come i malt d’Islay stanno alla Scozia: l’espressione di un territorio e di un modo di produrre ben specifico. Tutti e due offrono così un carattere naturalmente affumicato, che li accomuna in materia di degustazione. Una degustazione che, per quanto concerne il mezcal, tende peraltro a democratizzarsi, grazie all’ispirazione e al talento creativo di numerosi mixologist.

    DEGUSTANDOLO LISCIO

    In ragione delle differenti varietà di agave utilizzate e di un sistema di produzione ancora largamente tradizionale, i mezcal offrono un ventaglio di aromi e di sapori prodigioso. Al di là del carattere unico di ogni mezcal, l’invecchiamento in fusti di rovere è giunto ad elargire e ad arricchire la tavolozza aromatica di questa acquavite.

    Che sia “blanco” oppure “añejo”, un mezcal si assapora puro, a temperatura ambiente per le versioni invecchiate, o leggermente fresco per le versioni “blanco”. Il CRT ha sviluppato un bicchiere “tulipano” adatto alla degustazione di tequila e di mezcal, ma i bicchieri di tipo INAO restano appropriati.

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    COME E’ NATO IL MARTINI COCKTAIL ?

    Un cocktail ormai entrato nel mito dalle origini incerte, quasi misteriose per alimentare ancora di più il fascino di questo celebre drink pre-dinner. Il Martini è a base di gin e vermut dry, molti lo chiamano per questo Martini Dry. Secondo alcuni sarebbe stato inventato intorno al 1860 dal barman Jerry Thomas, TRE LEGGENDE CIRCOLANO INTORNO ALLA SUA NASCITA personaggio storico della mixology. La ricetta originale sarebbe stata a base di bitter, gin, maraschino e vermut dolce, con una fetta di limone e due gocce di sciroppo. Esistono però versioni discordanti che attribuiscono l’idea vincente a Julio Richelieu: il Martini Cocktail sarebbe nato qualche anno dopo, nel 1874, in California. Questo barista dalle origini ispaniche avrebbe servito a un minatore della celebre Gold Rush (la Corsa all’oro) un Martinez Special preparato con 2/3 di gin, 1/3 di Vermouth, una spruzzata di bitter all’arancia sul ghiaccio tritato e servito con un’oliva. A forza di bere Martinez la “Z” sarebbe col tempo scomparsa. Infine, come tutte le leggende che si rispetti, c’è anche una terza versione che attribuisce a tal Martini, barista di Arma di Taggia, il cocktail creato espressamente per il milionario John D. Rockefeller e servito nel 1910 al bar del Knickerbocker Hotel di New York, di proprietà degli Astor. Tra le versioni meno accreditate il Dry Martini deriverebbe dal Manhattan a base di whisky, gin e vermut rosso. Di certo è nato negli States e solo successivamente si è diffuso nel resto del mondo.

    I FAN DEL COCKTAIL

    Rockefeller è solo uno dei tanti vip che si sono fatti conquistare da questo cocktail solo apparentemente facile. Da tutti è ritenuto il banco di prova della bravura di un bartender. Chissà come sarebbe stato il mondo della letteratura angloamericana se Francis Scott Fitzgerald, Truman Capote ed Ernest Hemingway non avessero avuto il loro drink preferito. Addirittura l’autore de Il vecchio e il mare può contare su un twist tutto per sé: appena un goccio di vermut sul ghiaccio. Il Martini Cocktail è davvero una star e l’elenco dei fan della geniale mistura è a dir poco infinito: gli attori Humphrey Bogart, Liz Taylor e Richard Burton, i registi Luis Buñuel e Woody Allen, il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt dopo aver firmato la fine del proibizionismo e perfino segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica Nikita Kruscev.

    L’AGENTE SEGRETO 007

    Il Martini Cocktail deve tanta della sua popolarità sul grande schermo a Ian Fleming: il celebre agente segreto 007 nato dalla penna dello scrittore inglese è un fan del cocktail. Celebre la frase che compare sempre nei film di James Bond: “Vodka Martini agitato, non mescolato“. Esiste anche una variante, il Vesper cocktail, proprio dedicato a 007.

    LA RICETTA ORIGINALE

    Ecco la ricetta per il Martini cocktail: 6 cl di gin, 1 cl di vermut dry, 1 oliva o 1 scorza di limone, ghiaccio. Fondamentale per la riuscita è raffreddare la coppetta con del ghiaccio. In un bicchiere si mette del ghiaccio e poi si versano vermut e gin. Si mescolano, si toglie il ghiaccio dalla coppetta e si versa il cocktail filtrandolo. C’è chi aggiunge un’oliva, chi prende la scorza di limone e strizza qualche goccia nel cocktail per aromatizzarlo con l’essenza dell’agrume.

    LE FRASI CELEBRI

    Un sostenitore insospettabile del cocktail è stato Umberto Eco che ha scritto: “Il Martini migliore è quello che ti fai da te… tanto che oserei dire che il momento magico è quello in cui lo si fa, non quello in cui lo si consuma” mentre per il barman Mauro Lotti, un’autentica autorità quando si parla del celebre drink, “non esiste il Martini perfetto, ma c’è un Martini per ognuno di noi.

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    JERRY THOMAS (BARTENDER)

    PRIMA VITA, ISTRUZIONE E LAVORO  

    Geremia “Jerry” P. Thomas (30 ottobre 1830 – 15 dicembre 1885) è stato un americano barista che ha posseduto e gestito le berline a New York. A causa del suo lavoro pionieristico nella divulgazione cocktail attraverso gli Stati Uniti, così, è considerato “il padre dei cocktail americano”. Oltre a scrivere il lavoro seminale sul cocktail, Guida Bar-Tender , Thomas visualizzata la creatività e la spettacolarità durante la preparazione di bevande e ha stabilito l’immagine del barista come professionista creativo. Come tale, è stato spesso soprannominato “Professore” Jerry Thomas.

    Thomas è nato circa 1830 a Sackets Harbor, New York . (Il suo 1885 necrologio sul New York Times ha detto 1832.) Da giovane, ha imparato bartending a New Haven, Connecticut prima di salpare per la California durante la metà del 19 ° secolo Gold Rush . Mentre in California, Thomas ha lavorato come barista, cercatore d’oro e Minstrel Show manager. Secondo il suo necrologio 1885, è stato lasciato un po ‘di soldi da suo padre, che ha contribuito in questi viaggi.

    SALOON KEEPER E BARISTA

    Thomas è tornato alla East Coast nel 1851, stabilendosi a New York City . Ha aperto un salone di sotto Museo Americano di Barnum ; sarebbe il primo dei quattro saloni avrebbe corso a New York nel corso della sua vita. Dopo

    aver eseguito questo primo bar, Thomas è andato sulla strada per diversi anni, lavorando come il capo barman alberghi e saloni a St. Louis, Missouri ; Chicago, Illinois ; San Francisco, California ; Charleston, South Carolina ; e New Orleans, Louisiana . A un certo punto ha girato l’Europa , portando lungo una serie di solido- argento gli attrezzi della barra. Egli era ben noto per la sua spettacolarità come barista: ha sviluppato tecniche elaborate e appariscenti di cocktail di miscelazione, a volte mentre le bottiglie di giocoleria, tazze e mixer. Spesso indossava gioielli vistosi e aveva i suoi attrezzi della barra e tazze impreziositi da pietre e metalli preziosi. Al Hotel Occidental a San Francisco, Thomas guadagnava $ 100 a settimana, più che il vice presidente degli Stati Uniti .

    GUIDA BAR-TENDER

    Nel 1862, Thomas finito di Bar-Tender Guida (alternativamente dal titolo Come Mix Drinks o compagno del Bon-Vivant ), la prima bevanda libro mai pubblicato negli Stati Uniti. Il libro ha raccolto e codificato quella che allora era una tradizione orale di ricette dai primi giorni di cocktail, tra cui alcune delle sue creazioni; la guida ha stabilito i principi per la formulazione di cocktail di tutte le categorie. Avrebbe aggiornarlo più volte durante la sua vita per includere nuove bevande di aver scoperto o creato. La prima edizione della guida incluso le prime ricette scritte di tali cocktail come il Brandy Daisy , Fizz , a fogli mobili , Sour e variazioni della prima forma di bere miscelato, Punch . L’edizione 1876 includeva la prima ricetta scritta per il Tom Collins , che è apparso subito dopo The Hoax Tom Collins del 1874 .

    SAN FRANCISCO: COCKTAIL BLU BLAZER

    Thomas ha sviluppato il suo drink firma, il Blazer blu , al gioco d’azzardo salone El Dorado a San Francisco. La bevanda è fatta accendendo whisky fiamme e passando avanti e indietro tra due bicchieri di miscelazione, creando un arco di fiamma. Thomas ha continuato a sviluppare nuove bevande per tutta la vita. La sua miscelazione del “Martinez”, quale ricetta è stata pubblicata nell’edizione 1887 della sua guida, è stato a volte visto come un precursore del moderno Martini . Thomas ha affermato di aver inventato il Tom e Jerry e ha fatto molto per diffondere essa negli Stati Uniti; tuttavia, la storia della bevanda lo precedette.

    A NEW YORK CITY

    Al suo ritorno a New York, è diventato capo barman presso l’hotel Metropolitan. Nel 1866 riaprì il suo bar, sulla Broadway tra il 21 e il 22 Streets, che divenne il suo più famoso stabilimento. Thomas è stato uno dei primi a visualizzare i disegni di Thomas Nast . Nel suo salone ha appeso di Nast caricature dei personaggi politici e teatrali; un disegno notevole, ora perduta, fu di Thomas “in nove posizioni Tippling colossale”. Il salone incluso specchi deformanti . Questo bar storico è stato adattato per l’uso come Restoration Hardware negozio.

    Thomas era un uomo attivo per la città, un cassettone appariscente che era appassionato di guanti e il suo orologio d’oro parigino. Gli piaceva andare a mani nude combattimenti premio , ed era un collezionista d’arte . Gli piaceva viaggiare. Con la mezza età era sposato e aveva due figlie. Sempre un ottimo sport, a 205 libbre è stato uno dei membri più chiare Associazione degli Uomini Fat. Lui aveva un interesse fianco in zucche ; ad un certo punto nel tardo 1870, Thomas è stato presidente della zucca Club dopo aver prodotto l’esemplare più grande.

    GLI ANNI PIÙ TARDI E LA MORTE

    Verso la fine della sua vita, Thomas ha provato a speculare su Wall Street , ma cattivi sentenze pronunciate lo spezzò. Ha dovuto vendere la sua berlina di successo e all’asta la sua notevole collezione d’arte; ha provato l’apertura di un nuovo bar, ma era in grado di mantenere il livello di popolarità come il suo più famoso posizione. Morì a New York di un colpo ( colpo apoplettico ) nel 1885, all’età di 55. La sua morte è stato caratterizzato da notevoli necrologi negli Stati Uniti. Il New York Times necrologio ha osservato che Thomas è stato “un tempo meglio conosciuta agli uomini e gli uomini del club per la città rispetto a qualsiasi altro barista in questa città, e lui era molto popolare tra tutte le classi.” Egli è sepolto nel Woodlawn Cemetery nel Bronx , New York City .

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    UNA STORIA TUTTA ITALIANA….

    LA STORIA DEL VERMOUTH

    La legge italiana definisce Vermouth, Vermout o Vermut, un prodotto composto da almeno il 75% di vino, dolcificato e aromatizzato con un”infusione alcolica composta da varie piante aromatiche, la cui principale risulta essere l’assenzio nelle sue varietà Pontico e Romano. I biotipi di uva potranno essere sia a bacca bianca che rossa. La provenienza non è disciplinata, pertanto per la produzione del vermouth si possono usare vini di provenienza straniera, solitamente spagnola.
    Il grado alcolico e il tenore zuccherino variano a secondo delle tipologie di prodotto:
    Bianco, Rosso, Rosè devono contenere 130 grammi di zucchero per litro e un grado alcolico non inferiore ai 14,5 da disciplinare del 2014.
    Nel 2017, ad aprile è stato approvato un disciplinare di tutela per il Vermouth di Torino che ha criteri qualitativi più restrittivi.
    Fatto salvo il 75% di vino questo dovrà essere per intero italiano, a differenza del vermouth normale, senza preferenze di vitigno, che potrà essere anche a bacca rossa. Nel Vermouth di Torino Superiore si determina anche la provenienza del vino dalla Regione Piemonte. Se un biotipo, supera il 20% potrà essere indicato in retro etichetta. Molti produttori potranno finalmente scrivere Moscato o Cortese che veniva da loro usato ma che non poteva essere indicato.
    Il grado alcolico minimo dovrà essere di 16 gradi, 17 per il Superiore, il massimo 22, mentre il Dry ed Extra Dry andranno a 18°.
    Le artemisie dovranno essere esclusivamente di provenienza piemontese, e dovranno essere presenti per 0,5 grammi litro, quindi il Vemrouth di Torino avrà una percezione amara netta, a differenza della produzione di altre nazioni. Nel Superiore si fa espressa indicazione di usare, per la maggioranza, piante e erbe aromatiche di provenienza piemontese ed italiana. Tornando al vermoth in generale ci sono alcune puntualizzazioni.
    Il vermouth rosè è ottenuto addizionando vino bianco a vino rosso ed è una eccezione per l’enologia italiana, insieme alla Franciacorta, in quanto i vini di questa cromia possono essere ottenuti solamente tramite salasso o breve permanenza sulle bucce.
    Non vi è nessun divieto nell’uso del vino rosso per la preparazione del vermouth rosso che viene però principalmente preparato con vino bianco ed aggiunta di caramello naturale. Alcune aziende utilizzano piccole quantità di vino rosso per rendere più brillante la cromia del vermouth rosso.
    Dry ed Extra Dry non nella formulazione IG Torino, hanno rispettivamente un grado di 16 e 15 ed una presenza  zuccherina di 50 e 30 grammi ed un profilo aromatico meno amaro, giocato su erbe, scorze di agrumi e fiori.
    Le bevande a base di vino aromatizzato, sono aperitivi con una gradazione alcolica massima 14,4 gradi, oltre il quale si torna a parlare di vermouth. L’infusione alcolica normalmente è presente per un massimo del 1,2% e la percentuale di vino non deve essere inferiore al 50%.
    La componente aromatica risulta più debole al gusto, con netta prevalenza di sentori vinosi ed aromi secondari, dovuti alla fermentazione del vino. Mancando una netta fortificazione alcolica risulta necessaria, come nel vino, una maggiore carica di solfiti per stabilizzare il prodotto, prassi assolutamente normale in enologia.

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